di Avv. Mattia Botteon
Perché acquistare un immobile di provenienza donativa è rischioso?
Assai spesso la donazione viene raffigurata come un ‘cattivo’ titolo di acquisto, e non è raro che i Notai sconsiglino di acquistare un immobile di provenienza donativa: la ragione è presto spiegata, e va ricercata nella tutela che le norme in tema di eredità accordano ai cosiddetti ‘eredi legittimari’ del donante, potenzialmente lesi dalla donazione.
Il codice civile garantisce infatti ai parenti più stretti del defunto, ed in particolare al coniuge, ai figli ed ai genitori (questi ultimi solo in assenza di figli), una quota minima del patrimonio del de cuius, ossia la cosiddetta quota di legittima, riservata per legge.
Nel caso in cui uno di tali soggetti – chiamati pertanto “legittimari” – dovesse risultare leso, nella propria quota, da un atto di disposizione posto in essere dal defunto, egli ha la possibilità di contestare la divisione dell’eredità ed ottenere quanto a lui spettante attraverso la cd. azione di riduzione, esercitabile entro 10 anni dal decesso.
E ciò, si noti, accade non soltanto nel caso in cui la lesione della quota di riserva sia la conseguenza delle disposizioni testamentarie (è il tipico caso del testamento che assegna l’intero patrimonio ad uno solo di due figli).
Ma l’azione è esercitabile anche nell’ipotesi in cui la lesione della quota di legittima sia avvenuta in conseguenza di un atto di donazione posto in essere in vita dal de cuius: ed invero, ai fini del calcolo dell’asse ereditario e della quota di legittima spettante a ciascun erede legittimario, non si tiene conto dei soli beni residui alla morte del de cuius (risparmi, immobili, ecc.), ma anche di quelli di cui quest’ultimo ha disposto in vita mediante atti di donazione.
Le donazioni fatte in vita, infatti, si considerano come una sorta di ‘anticipazione’ dell’eredità, ed è questo il motivo per cui, nel calcolo della legittima, si dovrà tener conto anche del valore di quanto ricevuto in donazione; e laddove la donazione risultasse aver leso le quote di legittima degli altri legittimari, questi ultimi hanno 10 anni dall’apertura della successione (ossia dal decesso del donante) per avviare l’azione di riduzione e revocarne gli effetti.
E, venendo ora alla questione che ci occupa, al medesimo rischio si trovano sottoposti anche i terzi aventi causa del donatario: ed invero, nel caso in cui l’erede che ha ricevuto in donazione un immobile dovesse rivenderlo ad un terzo soggetto, gli eredi legittimari potrebbero esercitare nei confronti di quest’ultimo la cd. azione di restituzione (art. 563 c.c.), e quindi chiedere al terzo avente causa la restituzione dell’immobile acquistato e già pagato, anche se in buona fede.
Ciò, tuttavia, può avvenire solo a due condizioni: da un lato, è necessario che i legittimari, dopo aver proposto vittoriosamente -entro 10 anni- l’azione di riduzione della donazione, abbiano preventivamente tentato l’escussione dei beni del donatario; il legittimario che ha agito vittoriosamente in riduzione può cioè agire nei confronti dei successivi acquirenti per la restituzione in natura del bene oggetto di donazione solo laddove non possa conseguire dal donatario l’equivalente in denaro di quel bene (si tratta della cd. preventiva escussione dei beni del donatario). Dall’altro, un ulteriore limite fissato dalla norma è di natura temporale: la restituzione può infatti essere chiesta solamente entro 20 anni dalla trascrizione della donazione; dunque, solo una volta trascorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione, l’acquisto fatto dal terzo potrà stabilizzarsi, venendo meno il diritto del legittimario di agire nei suoi confronti.
Come può tutelarsi il terzo acquirente?
Ciò non significa, ad ogni modo, che il terzo acquirente non possa tutelarsi dai rischi relativi all’acquisto di beni di provenienza donativa. Diverse sono le possibili soluzioni, e tra queste:
verificare la provenienza dell’immobile (se di natura donativa), il tempo trascorso dalla trascrizione della donazione (se superiore a 20 anni) e la situazione familiare del donante (se infatti non vi sono eredi legittimari il rischio di impugnazione è minimo);
pagare l’equivalente in denaro: l’art. 563 c.c. è infatti chiaro nel prevedere la possibilità del terzo acquirente di liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro;
chiedere il risarcimento del danno o rifiutare il rogito nel caso di omessa informazione da parte del venditore e/o del mediatore: la giurisprudenza ha infatti recentemente affermato che la provenienza da donazione costituisce circostanza relativa alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che come tale rientra tra le circostanze che influiscono sulla conclusione di esso e che il mediatore deve riferire ex art. 1759 c.c. alle parti, e che, a maggior ragione, non può essere sottaciuta dal promittente venditore, pena in difetto la facoltà di rifiutare la stipula del definitivo e l’eventuale diritto al risarcimento del danno (Cass. civ. n. 32694/2019);
stipulare una polizza assicurativa: l’assicurazione tutela l’acquirente (ed eventualmente l’istituto di credito che eroga il mutuo per l’acquisto) nel caso di vittorioso esperimento dell’azione di restituzione da parte del legittimario leso;
atto di rinuncia dei legittimari: se tutti i legittimari del donante rinunciano espressamente alle azioni di riduzione e restituzione, viene di fatto azzerato qualunque rischio connesso all’acquisto; la rinuncia è tuttavia possibile solo se il donante è già deceduto;
atto di rinuncia della donazione o mutuo dissenso: una volta che il donatario ha rinvenuto un potenziale acquirente, potrà rinunciare dinnanzi a Notaio alla donazione (o donante e donatario potranno consensualmente risolvere l’atto), con conseguente rientro del bene nella sfera giuridica del donante, come se la donazione non fosse mai avvenuta; sarà poi direttamente quest’ultimo a vendere al terzo interessato, versando poi il corrispettivo all’originario donatario, senza rischiare azioni di restituzione da parte dei legittimari.
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